giovedì 14 febbraio 2013

Il compito del traduttore. Murakami in italiano


Girando intorno a Murakami e al suo mondo, mi è capitato di leggere un articolo di Giorgio Amitrano, già uscito su Alias e poi pubblicato su un bel blog,  Le parole delle cose, dove vi consiglio di andare a curiosare.
Giorgio Amitrano è il traduttore di Murakami, la persona che ha il difficilissimo compito di trasformare qualcosa in qualcos'altro rispettandone, tuttavia, la natura, il senso, il ritmo.





“Tradurre Murakami significa, dall’inizio alla fine, affrontare problemi concreti, cercare pazientemente nella propria cassetta degli strumenti la parola giusta e, una volta trovata, valutarne il colore, il peso, la densità; giudicarla perfetta e doverla poi, con rammarico, mettere da parte perché non “lega” col resto della frase. Oppure capita di usare la lima per ridurre le ripetizioni, sapendo che in giapponese sono accettate e in italiano no. Alcuni giudicano la ripetitività di Murakami un difetto, ma anche se a volte io stesso la trovo irritante, devo ammettere che le sue ripetizioni non indeboliscono il racconto, anzi lo rafforzano. E alla fine diventano una cifra stilistica. Per questo bisogna fare attenzione. Limare troppo modificherebbe il profilo dei suoi testi, alterandone i lineamenti. Allo stesso tempo, riprodurre integralmente ogni ripetizione, ignorando che giapponese e italiano obbediscono a diverse regole di logica e ritmo, provocherebbe nel lettore un rifiuto.”




Il lavoro del traduttore è un lavoro paziente di ricerca continua, una ricerca solitaria e quotidiana senza la quale i confini in cui viviamo, immaginiamo e pensiamo sarebbero assai più stretti. Eppure il traduttore è un po' il fantasma della letteratura, è per questo che mi è venuta voglia di scrivere due righe per ricordare chi ci ha reso possibile leggere qualcosa altrimenti illegibile.



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