Grazie Paolo.
Amo il tennis. L’ho giocato tanto e lo seguo quando posso. Ancora adesso ogni tanto prendo la racchetta in mano. Erano tempi epici signori miei: Mc Enroe, Borg, Wilander, Connors. Ero giovane e avevo bisogno di eroi. Uno di quegli eroi era Andre Agassi. Quello che mi ha sempre colpito in lui erano due cose: lo sguardo e i piedi. Aveva uno sguardo sempre un po' smarrito, un po' strano. Qualcosa tipo “ma io cosa ci sto a fare qui?”
I piedi invece erano rivolti verso l’interno. Camminava strano quasi in punta di piedi. Il suo gioco era diverso da tutti gli altri. Sostanzialmente c’erano attaccanti e “fondo campisti”. Lui invece era una via di mezzo, colpiva la palla non mentre scendeva ma mentre saliva e tirava bombe che lasciavano gli altri a bocca aperta.
Avevo letto che il suo libro autobiografico, Open, fosse bello e me lo sono comprato. È in effetti molto bello e appassionante. La peculiarità sta nel fatto che ti fa meditare su un concetto molto particolare e molto forte che scopriamo mentre leggiamo le sue parole. Andre è stato costretto dal padre a giocare a tennis.
Il padre, di origini Iraniane/Armene, lo ha praticamente torturato da quando era piccolo. Aveva costruito un campo da tennis nel suo giardino e una macchina tipo cannone che sputava le palle da tennis a 100 km orari. Faceva riposare Andre solo quando tutto il campo era pieno di pallette e lui non poteva più tirarne una.
Insomma, Open è la storia di un campione di tennis che odiava il tennis. Bello no? Una specie di Amleto che vive tra Wimbledon e gli US Open. Capisce che la sua professione gli permette di vivere, ma odia vivere quella vita. Una contraddizione in termini che lo porta naturalmente ad alti e bassi, alla scelta di provare la droga per poi decidere di aprire una fondazione e aiutare i bambini disagiati.
Un uomo fragile e forte, un campione con i piedi storti.
Agassi ci racconta delle sue epiche partite contro Sampras, del suo amore con Stefi Graff e delle persone che lo hanno aiutato nella sua carriera a fare le scelte giuste e a non cadere nel vuoto più profondo.
Il libro è il prodotto di un lungo lavoro fatto da Agassi con J.R. Moehringer, giovane scrittore e giornalista vincitore persino di un Pulitzer. Moehringer non ha voluto mettere il suo nome sul libro per il rispetto della storia che era ed è solo di Agassi. Naturalmente viene citato dal campione e ringraziato per la sua professionalità.
Un bel libro che scorre come una partita di tennis piacevole e dura. Una piacevole sorpresa che raccomando a tutti i genitori che accompagnano i loro figli in piscina, nei campi di calcio, in palestra.
Guardatevi allo specchio e guardate i loro occhi.
E soprattutto controllate che le punte dei piedi non siano rivolte verso l'interno.
Buona lettura
Paolo Trippa