mercoledì 10 ottobre 2018


Le Affinità elettive di Johann Wolfgang Goethe


Al nostro gruppo di lettura piace molto variare i percorsi e così, dopo la serie Seconda Guerra Mondiale e Resistenza, abbiamo virato sulla letteratura dell'Ottocento. Il nuovo ciclo sarà composto da testi scelti da ciascuna di noi, a turno rigorosamente alfabetico. Alessia, la prima, ha scelto “Le affinità elettive” (al singolare in tedesco: Die Wahlverwandtshaften) di Johann Wolfgang Goethe, un romanzo pubblicato nel 1809.
Ci siamo incontrate il primo marzo di quest'anno. Il verbo è al femminile perché ormai il gruppo è solo femminile. Peccato, perché il punto di vista dell'altro genere avrebbe potuto essere molto interessante, soprattutto nel caso di questo libro. Il titolo richiama una legge della chimica degli elementi ma in realtà le affinità di cui si parla nel testo sono tra uomo e donna.
La struttura è apparentemente schematica: quattro protagonisti, alcuni comprimari, una vicenda che inizia con un passo di danza leggero, quasi leggiadro, e finisce nella tragedia. Sono molti gli incastri, ma la trama in fondo è molto semplice, molto classica, anche se di un classicismo molto sui generis.

Stiamo parlando infatti di Goethe, uno degli scrittori più importanti dell'intera storia della letteratura occidentale, tradizionalmente posto accanto a Dante e a Shakespeare. Una biografia monumentale che, oltre tutto, si svolge in uno spartiacque storico (crisi dell'Ancien régime, Rivoluzione francese, imprese di Napoleone, suo tramonto, Restaurazione) e che ha, anche solo per questo, un destino di ambivalenza, di compresenza di elementi discordi, di anticipazione e di attardamento. A queste motivazioni storiche si aggiunge una straordinaria curiosità e un interesse per un numero impressionante di soggetti e temi: Goethe studia mineralogia, chimica, ingegneria, anatomia, botanica e poi l'inglese, l'italiano, oltre naturalmente le lingue classiche. Non solo, in Goethe tutti questi elementi si fondono organicamente, e questo determina l'unicità e la grandezza del personaggio (il suo leggendario equilibrio “olimpico”), oltre alla quantità e alla qualità delle sue opere.

Non è un caso che in un libro piuttosto tardo come “Le affinità elettive” il titolo stesso rimandi alla chimica inorganica da lui studiata in gioventù.
Le affinità elettive” sono datate, come dicevamo, al 1809. Goethe è nato nel 1749 a Francoforte sul Meno, dunque ha sessant'anni e ha già scritto molte opere, di natura diversissima, a riprova di quella ricerca costante che in realtà di olimpico ha ben poco, e che è anzi indizio e prova di una personalità ambiziosa, cui nessun campo del sapere risulta estraneo e che all'esercizio della letteratura associa fin da subito quello della scienza.

Dicevamo del passo di danza con cui inizia il romanzo: è appena trascorsa “l'ora più bella di un pomeriggio d'aprile” e due affabili sposi non più giovanissimi sono alle prese con l'ammodernamento della vasta proprietà rurale dove hanno deciso di vivere. Ci sono giardini da sistemare, nuovi padiglioni da costruire, palazzine da riadattare. Tra di loro c'è una comunicazione aperta e uno stile di vita che si capisce appartenere ad una borghesia ricca e colta.
Con pochissimi tocchi di pennello Goethe dipinge due diversi tipi di affabilità: nell'uno, Eduardo, che ha “tempra di emotivo”, è di tipo estroverso, comunicativo, nell'altra, è invece un'affabilità pacata e razionale. Carlotta non si tira indietro di fronte a nessuna discussione ma mantiene sempre, nella dialettica, arguzia, tatto e ironia, scansando con eleganza gli eventuali punti critici, facendo valere con pacatezza e decisione la propria opinione.
Veniamo subito a sapere che Eduardo vorrebbe ospitare un suo amico, il “capitano”, per ora lo si chiama così. Assennata, Carlotta propone di analizzare la cosa “sotto diversi aspetti”. Analizza la situazione attuale della coppia alla luce della storia che l'ha preceduta (ottimo espediente per farla conoscere a noi lettori): un matrimonio precedente per entrambi, una figlia – di lei – messa in collegio per darle un'educazione più completa di quella che avrebbe potuto avere in campagna; una nipote, sempre di Carlotta, Ottilia, a lei molto cara, allontanata affinché lei ed Eduardo potessero “godere indisturbati di una felicità desiderata con tanto ardore precoce e ottenuta tardi”. Carlotta teme che l'arrivo di un estraneo – per quanto molto intimo del marito - possa turbare l'equilibrio conquistato negli anni. Eduardo non capisce l'ostinazione della moglie che, peraltro, dopo una sfilza di ottimi motivi razionali (o presunti tali) dice una frase che sa di superstizione e che getta un'ombra sul futuro: “ho come un cattivo presentimento”. E lo abbiamo anche noi: l'evocazione dello sconosciuto (per ora) capitano non ci rassicura, e non capiamo perché ...
Goethe è abilissimo a spargere sotto la superficie adamantina del racconto segni di inquietudine. Sappiamo per esempio che Carlotta si adatta a seguire al pianoforte il marito che suona il flauto molto male perché gli erano mancate la pazienza e la tenacia. In una parola non sono affiatati.
Arriva per primo il capitano e scopriamo che lui ed Eduardo hanno lo stesso nome: Ottone è il secondo nome di Eduardo e il primo del capitano. Se fossimo molto maliziosi potremmo già considerare che Ottilia è il femminile di Ottone …
Intanto i tre (Carlotta, Eduardo e Ottone) prendono visione della tenuta; le sue alture, i suoi boschetti, gli specchi d'acqua, suscitano nel capitano delle proposte di misurazione, rilevamento e infine di rappresentazione grafica della tenuta. Si mette mano a questa attività sommamente razionale che entusiasma Eduardo, unisce i due uomini ma scontenta Carlotta che amava moltissimo ciò che era già stato intrapreso sotto la sua guida e che ora – sotto la sferza del raziocinio misuratore del capitano – è messo in pericolo.
L'isolamento di Carlotta viene alleviato dalle lettere che le giungono dal collegio dove risiedono sia Luciana, sua figlia, che Ottilia, sua nipote. La descrizione di quest'ultima che si ricava dalle lettere della direttrice del collegio e dell'educatore è davvero singolare: ne risulta una persona che sembra mantenga un segreto, che si tira indietro per quanto riguarda se stessa e al contempo è sempre pronta ad aiutare gli altri, perfino servizievole.
In una conversazione tra Carlotta, Eduardo e Ottone si annuncia la teoria delle affinità chimiche, introdotta dal capitano con l'aiuto di esempi tratti dal mondo delle relazioni umane per renderla più comprensibile. La parte più interessante è quando si passa ad esaminare cosa succede ad elementi che normalmente si respingono nel momento in cui interviene un terzo elemento come la soda, che fa legare l'olio e l'acqua, che normalmente se mescolati si separano. Dunque le sostanze che subito si compenetrano si chiamano “affini” (alcali e sali, ad esempio). Ma le affinità sono davvero interessanti quando producono separazioni. Il calcare è una terra calcarea combinata con un acido leggero, una sorta di gas. Se si immerge il calcare in acido solforico, “questo attacca la calce e si trasformano in gesso, mentre quell'acido leggero e aeriforme si libera. In tal modo è avvenuta una separazione e una nuova combinazione e ci si sente davvero autorizzati ad impiegare la parola affinità”.
Siamo avvertiti e intuiamo già in un certo senso ciò che succederà, tanto più che Carlotta aggiunge che in fondo “non si tratta che dell'occasione”. Tanto più che segue un gioco dove si immagina che A sia Carlotta, B Eduardo, C il capitano. C sta distogliendo B da A. Se Carlotta volesse “dileguarsi” avrebbe bisogno di un “D” e questo sarà sicuramente Ottilia.


Ma questo gioco immaginato si rivelerà fallace. Ottilia arriva, richiamata da Carlotta, prende a vivere con la coppia e si dimostra una persona fuori del comune.
Le affinità prendono decisamente un altro corso e saranno Eduardo e Ottilia ad esser presi in un amore descritto da Goethe con tutti gli strumenti di quel romanticismo che non ha mai amato anche se, suo malgrado, ne fu uno dei massimi e precoci esponenti. Sarà questo amore che scompaginerà il precedente equilibrio “chimico”, visto che l'attrazione tra Carlotta e il capitano non avrà modo di evolvere.
La trama successiva (una sintesi qui), dalla partenza del capitano e poi di Eduardo, alla morte accidentale (per annegamento) del figlio di Eduardo e Carlotta che era stato affidato ad Ottilia, prende via via i toni della più cupa tragedia, fino al sacrificio finale, per rinuncia alla vita, di Ottilia; tutti i presagi intravisti sotto la superficie apparentemente levigata del romanzo (gli specchi d'acqua e il pericolo di affogare, una natura che si vorrebbe imbrigliare ma che non è mai ferma e muta, le feste preparate con cura che si rivelano insidiose e foriere di incidenti, bicchieri lanciati in aria che invece di spezzarsi vengono presi al volo) aprono le loro ali nere e svelano un  contenuto di morte. Costituiscono una sorta di materiale inerte che viene attivato solo quando l'azione di un determinato personaggio arriva in quel preciso punto di svolta. 

Le affinità elettive sono un romanzo complesso che va riletto forse più volte perché i rimandi e le allusioni interne (a parte quella alle affinità, apparentemente semplice) sono infinite e legate tra di loro, impossibili da cogliere la prima volta, anche perché la trama è avvincente. Pare che lo stesso Goethe abbia detto che nell'opera “c'è più di quanto chiunque possa scoprirvi a una sola lettura”.

Ecco come Walter Benjamin, il filosofo e critico letterario berlinese morto tragicamente nel 1940, che ha dedicato un saggio lucidissimo alle Affinità elettive, ci rivela i caratteri di questo plurimo registro.

Si narra che Goethe dava grande importanza al modo rapido e irresistibile in cui aveva fatto sopraggiungere la catastrofe. Nei tratti più segreti l'opera intera è intessuta di questo simbolismo [di morte]. Ma solo il sentimento a cui esso è familiare è in grado di accogliere senza sforzo il suo linguaggio, mentre alla visione oggettiva del lettore si presentano solo bellezze scelte. Solo in pochi passi Goethe ha dato anche ad essa un'inclinazione più precisa, e questi sono rimasti, nel complesso, i soli ad essere osservati. Essi si ricollegano tutti all'episodio del calice di cristallo, che, destinato a infrangersi, è raccolto al volo e rimane intatto. È il sacrificio della costruzione, che viene respinto all'atto della consacrazione della casa che è quella dove morirà Ottilia. Ma anche qui Goethe conserva il suo fare segreto, facendo nascere questo gesto dalla gioiosa euforia che esegue questo cerimoniale.
[…] Più tranquillamente, nel compleanno di Eduardo, la sua amica [Ottilia] consacra la cappella che sarà la loro futura tomba.”
(Walter Benjamin, “Le affinità elettive” in Angelus Novus, Torino, Einaudi, 1962)


Goethe ritratto da Tischbein
Casa di Goethe - Frankfurt am Main
(Foto di Andrea Colasanti)
(Foto di Andrea Colasanti)