Mancano pochi giorni all'8 marzo, giorno in cui ci incontreremo per parlare dell'ultimo libro letto insieme, L'amica geniale.
E allora, nell'attesa, poche righe sull'autrice. Di Elena Ferrante, autrice del libro, non conosciamo molto, non sappiamo neanche se sia un uomo o una donna perché quello che usa per firmare i suoi libri è soltanto uno pseudonimo. Di lei sappiamo che ha vissuto a Napoli e che ha scritto sei libri in vent'anni. Quasi nient'altro.
Elena Ferrante ha scelto l'anonimato per difendere i suoi libri da un'idea preconcetta, per lasciare loro la libertà di esistere senza la tutela di un nome, di piacere o non piacere semplicemente per come sono scritti e non perché siano figli di qualcuno. In un'intervista rilasciata via e mail a Paolo di Stefano per il supplemento culturale del Corriere della Sera, risponde così alla domanda sulla sua identità nascosta:
E allora, nell'attesa, poche righe sull'autrice. Di Elena Ferrante, autrice del libro, non conosciamo molto, non sappiamo neanche se sia un uomo o una donna perché quello che usa per firmare i suoi libri è soltanto uno pseudonimo. Di lei sappiamo che ha vissuto a Napoli e che ha scritto sei libri in vent'anni. Quasi nient'altro.
Elena Ferrante ha scelto l'anonimato per difendere i suoi libri da un'idea preconcetta, per lasciare loro la libertà di esistere senza la tutela di un nome, di piacere o non piacere semplicemente per come sono scritti e non perché siano figli di qualcuno. In un'intervista rilasciata via e mail a Paolo di Stefano per il supplemento culturale del Corriere della Sera, risponde così alla domanda sulla sua identità nascosta:
Non si è mai pentita di aver scelto l’anonimato? In fondo le recensioni si soffermano più sul mistero-Ferrante che sulle qualità dei suoi libri. Insomma, con risultati opposti rispetto a quelli che lei auspica, cioè enfatizzando la sua ipotetica personalità?
«No, nessun pentimento. A mio modo di vedere, ricavare la personalità di chi scrive dalle storie che propone, dai personaggi che mette in scena, dai paesaggi, dagli oggetti, da interviste come questa, sempre e soltanto insomma dalla tonalità della sua scrittura, è nient’altro che un buon modo di leggere. Ciò che lei chiama enfatizzare, se è fondato sulle opere, sulla energia delle parole, è un onesto enfatizzare. Ben diversa è l’enfatizzazione mediatica, il predominio dell’icona dell’autore sulla sua opera. In quel caso il libro funziona come la canottiera sudata di una popstar, indumento che senza l’aura del divo risulta del tutto insignificante. È quest’ultima enfatizzazione che non mi piace».
L'amica geniale è un libro diverso dagli altri libri di Elena Ferrante e qualcuno ha parlato di una scrittura a più mani, forse con l'idea che uno scrittore, per essere riconoscibile, debba sempre mantenere una coerenza immobile. Ma non è forse la scrittura, come la recitazione, una tecnica di finzione?
Di Elena Ferrante questo è il primo libro che leggo. Ho visto un unico film, l'Amore molesto, e m'è bastato. Non so perché, ma me ne sono sempre voluta tenere lontana... poi un'amica mi regalò questo libro che mi è piaciuto molto. Tanto che ho subito comprato il seguito (che però non ho letto). MI resta da capire cosa ancora - tuttavia - mi tiene distante... forse nell'incontro con le altre del blog lo capirò..
RispondiEliminaVenerdi scorso, l'8 marzo 2013, ci siamo incontrate nella libreria PontePonente per parlare del libro. Le perplessità che avevo avuto alla prima lettura (ero alla mia seconda) sono rimaste identiche. Nel senso che questo è uno di quei libri in cui il racconto "sembra" fluire spontaneamente seguendo il flusso della memoria dell'io narrante, ma questo è contraddetto da una struttura molto costruita a priori. E allora lo puoi leggere anche dieci volte: difficilmente ti dirà una cosa diversa, o troverai pieghe nascoste in cui si annida qualcosa di inaspettato. Detto questo (che per me non è positivo), il bello è che le due protagoniste sono inafferrabili nella loro contrapposizione: molte di noi, non a caso, pensavano che l'Amica Geniale fosse Lila, l'irregolare, la cattiva, l'irriducibile ma iper-intelligente, originale, creativa ecc. ecc. E forse è così. Ma Lila stessa, nel libro, dice che Lenù è la "sua" amica geniale... e allora ? Secondo me questo è forse l'aspetto più interessante, quello che fa vedere i personaggi come due facce della stessa moneta. E la moneta è l'estraneità sentita-voluta-perseguita rispetto al proprio ambiente e la voglia di un (difficilissimo) riscatto.
RispondiEliminaPer quanto riguarda la scrittura c'era chi parlava di non aderenza all'ambiente rappresentato, troppo poco dialetto o locuzioni popolari, ma a me invece è piaciuto. Elsa Morante semplificata, in breve. Anticipo che sto leggendo il secondo e naturalmente Stefano non è come sembra e il matrimonio tra Lila e lui si annuncia tragico. Sorprese ?
Domanda retorica ovviamente. Nel bellissimo finale è già scritto.Lenù si rende conto che non ha più nulla da spartire con la sua famiglia , i suoi amici, il suo mondo, la "plebe" anche se nell' insicurezza che la contraddistingue dubita ancora di riuscire ad andarsene.Lila apre gli occhi, o meglio , li muta in fessure come da ragazzina cattiva qual era stata, guardando le scarpe frutto del suo lavoro e la sua passione ai piedi dell'odiato Marcello, ottenute dal neo sposo. Un omaggio al potere che Lila sicuramente non può accettare e che le mostra uno Stefano diverso. Io , come sai, sono prevenuta sulla lettura del seguito ma sono molto curiosa.Dovrai farci un riassunto o almeno chiarirci la famosa smarginatura!
EliminaRiprovo oggi a scrivere visto che il mio messaggio di ieri non sono riuscita ad inserirlo. Volevo ringraziare tutte le presenti all' incontro per l' accoglienza pur non avendo letto pratticamente niente. Ma la discussione e stata talmente interessante che il libro e ancora sul mio comodino e presto verra letto.
RispondiEliminaBella Martita! Siamo noi che dobbiamo ringraziare te per aver scelto di passare la serata con noi, nonostante venissi da 10 ore di lavoro!
EliminaLeggere "L'amica geniale" è stato come riascoltare i racconti che la nonna e la mamma mi facevano da bambina sulle loro avventure/disavventure di scuola e di amicizia.
RispondiEliminaLe capacità eccezionali di alcune bambine, che seppur tanto volenterose, non potevano continuare gli studi, perchè servivano soldi a casa. Oppure i fidanzamenti forzati dei genitori, solo per accontentare alcune casate ed escluderne altre che presentavano anche "tare". Solo da grande ho capito poi che quelle tare non erano altro che qualche brutta malattia avuta in famiglia o sorti funeste che si accanivano su di loro ('a malasorte).
Elena Ferrante scrive bene, con un italiano quasi perfetto, forse troppo. Scrivendo di Napoli, dei vicoli, di miseria, di rabbia, di passione, mi sarei aspettata espressioni più colorite, forti, dialettali, che avessero fatto respirare totalmente quell'aria.
Erano anni indubbiamente difficili ma anni di passaggio verso un'epoca migliore; la visione che tutto poteva andare per il meglio, sì che c'era in quei tempi. Pagina dopo pagina si legge proprio questa speranza: un giorno tutto sarà più bello, più ricco, più pulito ("arriverà l'acqua corrente!"). Proiezioni e visioni che purtroppo abbiamo perso, ottimismo che non si respira più da un po' di tempo. Ed è per questo che il libro mi è piaciuto, anche perchè, ho sempre dichiarato, che sarei voluto nascere nei primi anni 50 per vivere tutta quell'esplosione di benessere e miglioramento che l'Italia ha registrato, dal punto di vista culturale ed economico.