sabato 19 agosto 2017

GERTUDE STEIN ALIAS ALICE B. TOKLAS

Felix Valloton, Gertrude Stein, 1907


Molto diversi i pareri su “Autobiografia di Alice Toklas” di Gertrude Stein (1874-1946), tema del nostro incontro del 6 giugno. Ad alcuni è piaciuto molto, ad altri così così, ad altri per niente. Avevamo scelto il libro come ideale termine del nostro piccolo viaggio nella letteratura americana per almeno due motivi strettamente collegati: Stein è una figura letteraria di prim'ordine nella storia della letteratura americana non solo per sé ma anche in riferimento e in rapporto alla letteratura degli americani “espatriati” incrociati a Parigi dove lei visse quasi ininterrottamente dall'età di 29 anni fino alla morte. Si tratta di Hemingway, Fitzgerald, Dos Passos, autori che erano stati, oltre a Faulkner e Steinbeck, oggetto delle nostre letture precedenti. Quelli che lei stessa chiamerà dopo la guerra “generazione perduta”. Come ben rappresentato da Woody Allen in “Midnight in Paris”, il salotto di Gertrude Stein (e di Alice B. Toklas, di cui parleremo diffusamente tra un po') in rue de Fleurus era una sorta di galleria privata d'arte contemporanea, teatro di cene e incontri con e tra artisti e scrittori, e punto di incontro di viaggiatori internazionali interessati a questo “milieu”. Il libro venne pubblicato nel 1933, pubblicato in Italia nel 1972 con la traduzione di Cesare Pavese. In questa traduzione molti di noi l'hanno letto, alcuni invece nella sfortunata (diciamo così) traduzione di Silvia Cecchini (anche se la pavesiana “una vita di contento” per “a pleasant life” non è che sia il massimo....). 
Il testo in inglese si trova online e lì è stato consultato. Andrea Colasanti, esponente del gruppo “dislike”, facendo un semplice “cerca”, ha trovato che il nome "Gertrude Stein" compare 272 volte compreso titolo e indice, "Alice Toklas" compare 1 volta, "Miss Stein" compare 29 volte, "Miss Toklas" 4 volte, "Alice" 7 volte, "Picasso" 81 volte, "Pablo" 15 volte, "Matisse" 55 volte, "Hemingway" 21 volte. Se sottolineiamo questo è perché alcuni di noi hanno riscontrato un fastidioso narcisismo, quasi da culto della personalità. Certo, Stein è autrice del famoso verso “una rosa è una rosa è una rosa”, spesso citato come esempio del suo assoluto disinteresse per il contenuto e viceversa per il suo attaccamento quasi maniacale alle cose come sono. Agli oggetti come si presentano ai nostri occhi. E indubbiamente l'”oggetto” della Autobiografia è Gertrude Stein, che finge che il soggetto scrivente sia Alice Toklas. 
Alice Babette Toklas (1877-1967), questo il nome per esteso, è stata la compagna di vita di Gertrude Stein, come lei americana di origine ebraica. Si conobbero a Parigi nel 1907 e non si separarono più. Il loro rapporto è stato un vero e proprio rapporto matrimoniale, in cui Stein ricopriva il ruolo di marito e Toklas quello - molto tradizionale - di moglie. Una moglie affettuosa oltreché impeccabile segretaria e dattilografa, totalmente immersa nel cerchio affettivo e intellettuale della sua compagna. Il primo capitolo del libro si intitola “Prima di venire a Parigi” e davvero, se non si sapesse già chi è il vero autore del libro, si sarebbe quasi indotti a pensare che si tratti di una autobiografia canonica. Quasi, perché, dopo un brevissimo cenno alla sua infanzia e giovinezza, inizia il racconto della “vita di pienezza” che iniziò con il suo arrivo a Parigi dopo l'incendio di San Francisco. La sostanza di questa vita di pienezza furono i tre geni che Alice incontrò a Parigi e di cui da adesso in poi parlerà. Nell'ordine: Gertrude Stein, Picasso e Alfred Whitehead. A questo punto comincia il gioco di specchi, Alice parla con la voce di Gertrude, una Gertrude che ha però il tono inconfondibilmente ironico di Alice. È noto infatti come nel registro di Stein l'ironia non compaia, e invece qui c'è ma è mescolata con lo stile semplice, paratattico (una rosa è una rosa....) suo proprio. Lunghi resoconti di cene con Matisse, Picasso, Juan Gris, relative mogli e compagne, filosofi e scrittori, critici d'arte, spesso ravvivati da un guizzo di ironia ma irrimediabilmente legati gli uni agli altri dagli innumerevoli e immutabili “e fu allora che...” che rendono un po' noiosa la cronaca preziosa di quegli incontri, di quel tempo, dei rapporti tra quei personaggi.


Henri Matisse, Donna con cappello, 1905 

Indubbiamente di grandissimo interesse il racconto delle esposizioni d'arte, dei dipinti di Cézanne, Matisse, Vallotton, Picasso... dei rapporti con il nascente mercato moderno dell'arte, di cui la stessa Gertrude Stein e prima di lei suo fratello Leo sono tra i protagonisti, i giudizi critici dati senza alcuna spocchia e anzi con una competenza quasi naturale. E così i succosi commenti (“Fernande [la moglie di Picasso] era bella ma poco maneggevole”) e le descrizioni degli artisti come uomini comuni, forse tra le cose più godibili del libro, con le loro piccolezze e idiosincrasie. Tanto che una delle critiche fatte al libro è che in fondo si tratta di una raccolta di pettegolezzi. Eccone uno: “A quei tempi Van Dongen era povero, aveva una moglie olandese vegetariana e alla sua tavola si viveva di spinaci. Sovente Van Dongen fuggiva gli spinaci in una bettola di Montmartre dove certe donnine gli pagavano quel che mangiava e quel che beveva”.

Gertrude, Alice e Fania Marinoff, moglie di Carl Van Vechten, in una foto di Van Vechten


Tutto questo fino a che “nella primavera e nella prima estate del '914 la vecchia vita ebbe fine”. Il capitolo (il sesto, “La guerra”) è molto interessante – soprattutto nella descrizione delle manovre della Stein con l'automobile che guidava ma di cui non sapeva ingranare la marcia indietro, mentre prestava servizio insieme ad Alice per l'American Fund for French wounded - ma noiosissimo: pieno di quei “ci piaceva tanto”, “era così caro”, “andavamo straordinariamente d'accordo” che, anche se riconosciamo come segno di stile, non incontrano il nostro gusto...

Pressoché impossibile dare conto di tutti gli incontri, di cui certo quello con Picasso fu il più importante (vedi sopra: occorrenze del nome), quello in cui si avverte persino un interesse psicologico, sebbene condito di improbabili teorie di vicinanza spirituale ed estetica tra Spagna e Stati Uniti... Del resto a Picasso Stein dedicò una piccola e interessante monografia e Picasso fece di Gertrude uno dei suoi più bei ritratti, poco prima della rivoluzione cubista. 
Così termina il libro su Picasso “Nel Novecento tutto si distrugge e niente continua, il Novecento quindi ha uno splendore tutto suo. Picasso è di questo secolo. Ha la singolare qualità di una terra che nessuno ha mai veduto, di cose distrutte come mai sono state distrutte. Picasso, dunque, ha il suo splendore.”


Picasso, Ritratto di Gertude Stein, 1905-1906, particolare

Prima di riportare il finale con agnizione dell'”Autobiografia di Alice Toklas” qualche altra parola su di lei, su questa donna piccola, fragile, minuta, ma così coraggiosa da vivere alla luce del sole un rapporto omosessuale con tutte le caratteristiche di un matrimonio tradizionale nei primi decenni del secolo scorso.
Luisa Marigliano, cui il libro è piaciuto moltissimo, ha fatto una piccola ricerca guidata da una intuizione “culinaria”, che si è rivelata corretta. Sottolineiamo en passant che il côté culinario è un precipuo interesse del gruppo, quasi inscritto nel suo DNA...

Ecco le considerazioni di Luisa:
Ho pensato che non poteva essere un caso che il racconto di Karen Blixen avesse come titolo “ll pranzo di Babette”. Ho consultato un po’ di articoli, blog letterari e di cinema…Sembra molto plausibile che il nome di Babette sia riconducibile alla figura di Alice Babette Toklas visto che le due Babette si affermarono come cuoche in terra straniera.
Alice Babette Toklas scrisse un libro di cucina pubblicato nel 1954 (The Alice B. Toklas cookbook) e tradotto in italiano come I biscotti di Baudelaire (2003). Ci sono più di 300 ricette che si intrecciano con ricordi della sua vita, racconti di un’epoca e dell’amore profondo che la legava a Gertude Stein. Al contrario dello stile paratattico di Gertrude, Alice adotta la tecnica narrativa del flusso di coscienza, flusso emotivo, di memorie, tecnica che abbiamo ritrovato in Faulkner, Dos Passos….Seguendo il flusso dei suoi ricordi ci racconta delle frittelle ….
Invece lo stile di Gertrude si può definire “cubista” e si fonda su scomposizioni, ricomposizioni, momenti spezzati che avvicinati si fondono ritmicamente.
Il libro di ricette è suddiviso in capitoli dedicati a temi precisi come “La tradizione francese”, “Il cibo nelle case francesi”, “Ricette suggerite dagli amici”.
La ricetta dei Biscotti Baudelaire fu data ad Alice dall’amico Brion Gysin che lo definiva ‘un cibo paradisiaco’ perché tra i suoi ingredienti aveva la cannabis sativa. Ecco cosa ha scritto Alice: “Se vi lascerete andare potrete provare quasi tutto quello che provò Santa Teresa”.
I biscotti li abbiamo gustati nel corso della nostra serata letteraria e culinaria (la cannabis sativa non c’era…non ce l'avevo!).   

Sempre di Luisa, brevi appunti sulla relazione delle due donne (se siete interessati a più informazioni, il web è abbastanza generoso).

Gertrude ed Alice si conobbero nel 1907. La data esatta non è certa, per alcuni era maggio e per altri settembre, quel che è certo che erano completamente diverse. Gertrude era grassa, autorevole, sexy e geniale. Alice era minuscola, nervosa, intelligente, guardinga e ostinata.
Alice entrò nell’atelier di Gertrude e cercò una sedia dove accomodarsi ma le sedie erano tutte ‘taglia Gertrude’, i piedi di Alice non arrivavano al pavimento.
Da quel giorno, ogni mattina Alice inviava a Gertrude un ‘petit bleu’( telegramma inviato con posta pneumatica ) invitandola ad una passeggiata , a recarsi in una libreria o a visitare una mostra. Un giorno Alice arrivò in ritardo e trovò Gertrude furiosa tanto che Alice riprese i guanti e si apprestò ad andare via ma Gertrude non poteva subire quest’onta. Con voce stentorea la richiamò: “Non è troppo tardi per una passeggiata”. Camminarono per la città per 2 ore, si baciarono e decisero di andare in vacanza in Italia insieme. Si baciavano, si abbracciavano per strada, divertite dagli sguardi scandalizzati dei passanti, anzi cercavano con le loro effusioni di provocare i passanti.
Alice non tornò mai più a San Francisco.
Erano in villeggiatura in Italia, a Fiesole, quando Gertrude, senza fiato e con i sandali in mano, chiese ad Alice di sposarla. Lei si emozionò tantissimo, si racconta che pianse per 3 giorni. Vi consiglio di andare vedere le foto del loro “matrimonio” che durò 36 anni.
Gertrude si alzava presto e iniziava a scrivere continuando fin quasi a mezzogiorno. Alice le preparava la colazione e gliela portava sulla scrivania. Nelle belle giornate andavano a pranzo in un piccolo ristorante a Saint Germain des Près.
Ricevevano molti ospiti illustri nella loro casa, Gertrude preparava il tema della conversazione serale, Alice cucinava. Alice amava molto le torte, i dolci e le aragoste.
La loro relazione era arricchita da una conturbante sessualità. Gertrude scrisse un manuale lesbico intitolando ‘Lifting Belly’, testo tradotto in italiano e pubblicato nel 2010. Nelle lettere che si scambiavano Gertrude si definiva il marito della coppia, Alice la moglie. Il nomignolo di Gertrude ‘mountain fattie’ , quello di Alice ‘’fattuski’.
Alice fumava tantissimo, era una ‘chain smoker’ (accendeva una sigaretta con il mozzicone di quella appena terminata).
Gertrude aveva un barboncino bianco, Basket, ed insieme ad Alice lo portava a spasso per tutta Parigi, a piedi o in macchina.Sempre di Luisa, brevi appunti sulla relazione delle due donne (se siete interessati a più informazioni, il web è abbastanza generoso).


Degli acquisti si occupava Alice e Gertrude rimaneva in macchina con Basket, tirava fuori il suo taccuino e scriveva.
Gertrude amava mangiare e amava la sensazione di sentirsi congestionata. Diceva di se stessa:’ Sin da quando ero bambina ho apprezzato la sensazione di sentirmi congestionata.

In occasione di un breve ritorno negli Stati Uniti, Alice aveva comprato una pelliccia e Gertrude un cappello di pelle di leopardo. Un’insegna luminosa di Times Square annunciò: ‘Gertrude Stein è tornata a New York’. Alice commentò: ‘Come se non lo sapessimo già’.
Nel 1945 ritornarono a Parigi ma il loro appartamento era stato sequestrato dalla Gestapo, Gertrude con l’aiuto di Alice forzò la porta, entrò e si accomodò sulla sua poltrona.
Nel 1946 Gertrude fu ricoverata d’urgenza all’American Hospital di Neuilly. Le fu diagnosticato un cancro allo stomaco. I medici le sconsigliarono l’intervento ma Gertrude era sicura di non morire. Alice accettò la sua decisione e l’accompagnò in sala operatoria camminando accanto alla barella. Gertrude non sopravvisse all’intervento. Fu sepolta a Parigi, nel cimitero di Père Lachaise.
Dopo la morte di Gertrude, Alice ebbe sia problemi di salute che economici; gli eredi di Gertrude, con uno stratagemma legale, le avevano portato via i dipinti che Gertrude le aveva lasciato. Alice, che si era convertita al cattolicesimo, volle essere sepolta accanto a Gertrude, e che il proprio nome fosse appena cesellato sul retro della lapide della sua amata, un'ombra come era sempre stata.

E questa è una lettera, scrittura e toni sono diversi dagli scritti letterari ed è di una tenerezza quesi sorprendente

Ecco dunque, come promesso, il finale dell'Autobiografia, piuttosto geniale.
E io sono una discreta donna di casa, una discreta giardiniera, una discreta cucitrice, una discreta segretaria, una discreta editrice, una discreta balia per cani, e debbo occuparmi di tutte queste cose in una sola volta: e mi riesce perciò difficile essere anche una discreta scrittrice.
Saranno sei settimane fa, Gertrude Stein mi dice: non mi sembra che abbiate nessuna intenzione di scrivere quell'autobiografia. Sapete quel che faccio? La scriverò per voi. La scriverò così semplicemente come Defoe scrisse l'autobiografia di Robinson Crusoe.
E così fece. Ed è questa.”