lunedì 27 marzo 2017

The moon is down

Continuando con la letteratura nord-americana, rieccoci ad un Nobel: John Steinbeck (1902-1968) vincitore per l'anno 1962 con la seguente motivazione: "Per le sue scritture realistiche ed immaginative, che uniscono l'umore sensibile e la percezione sociale acuta".
Apprese di aver vinto il premio Nobel dalla TV, stava seguendo la notizia della crisi dei missili a Cuba.
Ci siamo incontrate (il femminile è d'obbligo perché l'unico partecipante al gruppo di sesso maschile non era presente) il 28 febbraio, martedì grasso, tutte tranne una, giustificatissima, perfettamente allineate con l'impegno di presentarci mascherate da … libro letto. Per carità di patria non si riporta la descrizione di tutte le maschere ma una menzione speciale va a “Canne al vento” e a “Tenera è la notte”....

Lo Steinbeck de La luna è tramontata ci è piaciuto molto, uno stile asciuttissimo e una trama altrettanto asciutta ma con caratteri via via più simbolici, inaspettatamente. Ma poi abbiamo letto che questo è vero, pur se con molte differenze, anche per “Uomini e topi” e “Furore”.
Una storia tragica, sebbene narrata con ironia, che nonostante tutto contiene forti elementi di speranza “umanistica” si potrebbe dire, cioè di fiducia nella capacità umana di riuscire, davanti a un pericolo collettivo, a conservare la dignità, ciascuno per tutti. Dal suo discorso al conferimento del Nobel:

La diffusione della letteratura non si deve a un clero scialbo e fiacco, intento a salmodiare litanie in chiese vuote, né è un giochino per eletti isolati dal mondo, i rozzi mendicanti della disperazione a basso costo. La letteratura è antica quanto la parola. È scaturita dal bisogno stesso dell’uomo per essa, e non è cambiata, se non per il fatto di essere diventata ancor più indispensabile. Ritengo che lo scrittore che non creda appassionatamente nella perfettibilità dell’uomo non abbia alcuna devozione per la letteratura né diritto di appartenervi.”



Nel Galileo di Brecht, un testo teatrale uscito nel 1943, quasi in contemporanea con La luna è tramontata, c'è la famosa frase: “Felice la terra che non ha bisogno di eroi”. Una eco, un'affinità involontaria ? questo è il contributo al riguardo di Luisa Marigliano:

Tra i suoi personaggi non ci sono eroi, eroine, perché hanno coraggio ma anche paura, sono impulsivi ma anche riflessivi, affrontano con serenità l’invasione, la morte, ma ne sono anche angosciati. È un romanzo antibellico, antimilitarista. Il paese è conquistato con facilità e con la connivenza di un traditore “locale”. Ma l’anima delle cittadine/dei cittadini non si fa mai prigioniera del nemico. I pensieri dei personaggi ci dicono che nella guerra non c’è poesia, eroismo, allegria; nella guerra c’è solitudine, dolore, sangue, isolamento, odio. Del resto la luna non tramonta. Il tramonto della luna è un’illusione proprio come è un’illusione che la guerra si concluda con vincitori e vinti, la guerra lascia solo sconfitti. Il riferimento del titolo è forse al “Macbeth” di Shakespeare. Poco prima che Banquo incontri Macbeth, deciso ad uccidere Duncan, chiede a suo figlio Fleance: “How goes the night, boy?” e Fleance risponde: ”The moon is down; I have not heard the clock” quasi ad evocare simbolicamente la discesa del male sulla città.

Abbiamo amato moltissimo tutti i personaggi, il sindaco, la cuoca, la giovane vedova del ragazzo che viene giustiziato. E riconosciuto la grande profondità psicologica nel trattare i caratteri dei nazisti (nel libro non si dice mai che lo sono, ma sono riconoscibili uno ad uno con i loro atteggiamenti di accettazione, quasi da contabili della morte, degli ordini ricevuti, i loro tic, le loro idee balzane sul dovere).

Fu Pavese a far conoscere Steinbeck – e a introdurre così la letteratura americana in Italia - traducendo “Uomini e topi” nel 1937 ma a noi è venuto in mente un parallelo significativo, stilistico e di contenuto, tra due incipit: quello de “La luna è tramontata” e quello de “I ventitrè giorni della città di Alba” di Beppe Fenoglio.

Steinbeck:
Alle dieci e quarantacinque tutto era finito. La città era occupata, i difensori abbattuti e la guerra finita.
Fenoglio:
Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell'anno 1944

Una piccola notazione sul cibo, sempre di Luisa Marigliano, visto che i nostri incontri sono sempre anche gastronomici:

Steinbeck si adattava a mangiare ciò che il territorio gli offriva. Si racconta che per un certo periodo della vita californiana tenne una mucca col cui latte preparava burro, formaggio. Quando abitò a Long Island mangiava tanto pesce e frutti di mare. In Inghilterra aveva una piccola proprietà dove coltivava verdure e ortaggi. Un vero antesignano del consumo a chilometro zero! La sua pietanza preferita era una zuppa messicana a base di carne di maiale rosolata con le cipolle, cui a metà cottura vengono aggiunti il mais, il cumino e altre spezie a piacere.  


Tender is the night

Dopo Hemingway è stata la volta di Francis Scott Fitzgerald, e il libro scelto è stato Tenera è la notte
Naturalmente qualcuno di noi l'aveva già letto e – come succede – ha riportato impressioni diverse dalla sua prima lettura nel nostro incontro del 31 gennaio 2017. 
La genesi e la storia editoriale del romanzo sono tormentate. All'inizio Fitzgerald voleva scrivere la storia di un delitto a sangue freddo. Il personaggio principale si chiamava Francis Melarky e doveva, alla fine della storia, uccidere sua madre. A un certo punto incontrava una coppia, Seth e Diana Pipers e il loro amico Abe Grant. In Tenera è la notte i Pipers diventano i Diver, Abe Grant diventa Abe North e la storia prende decisamente un'altra piega. Nel 1934 esce la versione che abbiamo letto nella traduzione di Fernanda Pivano, comparsa in Italia nel 1949. Nel 1951 viene pubblicata una edizione che tiene conto di alcuni dei molti rimaneggiamenti che Fitzgerald aveva apportato nel corso di nove anni dalla prima stesura, ma che non rispetta però alcune delle raccomandazioni dello scrittore. Questa edizione è tutta centrata sul personaggio di Rosemary. Si può dire che nessuna delle due edizioni è quella che l'autore avrebbe voluto fosse considerata la “versione” definitiva. 

 La storia si svolge in Costa Azzurra dove realmente Scott Fitzgerald e la moglie Zelda Sayre risiedettero, giungendovi da Parigi nell'estate del 1924, con la figlia Scottie e la governante. Portavano anche diciassette tra bauli e valigie nonché un'edizione completa dell'Enciclopedia Britannica. Al suo editore Max Perkins Fitzgerald scrive da S. Juan les Pins: «Sono felice come non lo ero da anni. È uno di quei momenti strani, preziosi e così fuggevoli, in cui tutto nella vita sembra andare bene». Tutto effettivamente sembra andare bene, Scott lavora a Il Grande Gatsby e per questo affitta una villa sulla collina di Saint-Raphaël. Ma la crisi arriva con una relazione che Zelda intrattiene con un pilota (il Tommy Barban del romanzo). La coppia decide di partire per l'Italia e lì passa l'inverno. Un breve ritorno in America vede lo sprofondare nell'alcool di Scott, il tentativo maniacalmente perseguito da Zelda di diventare ballerina e la conoscenza della giovane attrice Lois Moran, che ispirerà a Scott il personaggio di Rosemary in Tenera è la notte. 
Lois Moran

Quando ritornano in Costa Azzurra, ormai nel 1929, a un passo dalla crisi economica che chiuderà un'epoca, vanno a Cap d'Antibes e lì conoscono una coppia di americani, Gerald e Sara Murphy. I Fitzgerald affittano una villa (oggi Hotel Belles Rives), teatro del repertorio completo della gioventù bella (ricca) e dannata: feste, ubriacature, scazzottate, deliri e tentativi di suicidio. Zelda ha la prima manifestazione psicotica e viene ricoverata in una clinica svizzera. Dopo un anno, nel 1931, sembra essersi ripresa e la coppia torna negli Stati Uniti. Segue una ricaduta di Zelda nella malattia mentale e di Scott nell'alcolismo. È in questa cornice - e ciò è abbastanza indicativo della creazione letteraria – che viene completato il romanzo che abbiamo letto.... Non seguiremo più le biografie (troppo sarebbe da scrivere, compresi un tentativo letterario della stessa Zelda, stroncato dalla critica ufficiale e da quella del marito, e la sua passione per la pittura ...) se non per ricordare la morte di entrambi, quella di Scott nel 1940, all'età di 44 anni per un attacco di cuore e quella di Zelda nel rogo della clinica in cui era ricoverata ad Asheville, nel 1948, all'età di 48 anni.


Zelda Sayre nel 1922 

Come si è visto, molto nel libro è stato preso dalla vita reale, tanto che sebbene tecnicamente non sia un romanzo autobiografico quasi tutti i personaggi sono riconoscibili (e infatti sono stati puntualmente riconosciuti). I due principali, Dick e Nicole Diver, ricordano, per il loro essere fulcro catalizzatore del mondo che gli ruota intorno, i Murphy, ma nella psicologia “sono” i Fitzgerald, lui estremamente affascinante, gentile e di una non comune capacità introspettiva, lei di una bellezza soprannaturale, di fronte alla quale le bellezze “mondane” sembrano di cartapesta. Ma questa patina dorata, sapientemente costruita, è adagiata su anime profondamente ferite: Nicole schizofrenica, Dick suo psichiatra che fallisce nella missione di medico-salvatore-innamorato. Un romanzo che trasuda dolore, e il dolore di un'intera generazione, un declino inesorabile seguito impietosamente passo passo con uno stile lontanissimo dall'asciuttezza di Hemingway, preciso ma allo stesso tempo allusivo e ricercato.

Tenera è la notte non ebbe successo e ciò è sicuramente dovuto in primo luogo, come da più parti si è scritto, e come lo stesso scrittore riconosceva, alla sproporzione tra la varie parti. Il nocciolo tragico nel centro, la storia di Rosemary, piuttosto noiosa, preponderante nella prima parte.... Così si espresse lo stesso Fitzgerald: 


 “Il difetto più grande è che il vero inizio del libro, ossia la storia del giovane psichiatra in Svizzera, è relegato a metà del romanzo” 

E se è difficilissimo costruire un romanzo equilibrato nelle sue parti usando un materiale così dolorosamente autobiografico, l'incoerenza, il procedere per “frammenti brillanti e disordinati” (Nugnes), crea uno stile variabilissimo, a volte prosaico, a volte prezioso e raffinato, a volte disarticolato, a seconda delle situazioni che descrive. Tutto questo restituisce un senso innegabile di verità e di aderenza ai momenti raccontati. Prendiamo una sola citazione, che non a caso riguarda il dolore. È a p. 204 dell'edizione Einaudi: 

 “Si scrive di cicatrici guarite, un parallelo comodo della patologia della pelle, ma non esiste una cosa simile nella vita di un individuo. Vi sono ferite aperte, a volte ridotte alle dimensioni della puntura di uno spillo, ma sempre ferite. I segni della sofferenza sono confrontabili piuttosto con la perdita di un dito o della vista di un occhio. Possiamo non perderli neanche per un minuto all'anno, ma se li perdessimo non ci sarebbe niente da fare.” 

Infine il titolo: viene da una poesia di John Keats, Ode a un'usignolo, un canto di desiderio di immortalità di cui riportiamo i versi della quarta stanza (in inglese endecasillabi). 

IV. 
Via ! Via da qui ! Verso di te voglio volare, non sul carro di Bacco e dei suoi leopardi, ma sulle invisibili ali della Poesia, nonostante la mia torpida mente sia tarda e perplessa; però con te! Tenera è la notte, e chissà, forse la Regina Luna è sul suo trono, circondata da una miriade di Fate stellate; Però qui non c'è altra luce che quella che giunge dal cielo soffiata dalla brezza attraverso verdi ombre e sentieri umidi e tortuosi! 

 Trad. di E. De Clermont-Tonnerre