Per
dare finalmente spazio all'esigenza molto sentita nel gruppo, almeno
da una parte di esso, di fare un'incursione di più titoli nella
letteratura americana, abbiamo iniziato da Faulkner, rendendoci
immediatamente conto che ci eravamo imbattuti in un altro Nobel (sarà
una maledizione?), ricevuto dallo scrittore nel 1949 con questa
motivazione: “Per
il suo potente e artisticamente unico contributo al romanzo moderno
americano”
Come
ricorda Attilio Bertolucci nella postfazione dell'edizione Einaudi,
nel 1929 uscivano sia “Addio alle armi” di Ernest Hemingway (che
il premio lo riceverà nel 1954) sia “L'Urlo e il Furore” di
Faulkner. Ma i rispettivi autori stavano prendendo strade diverse:
“mentre
il primo si attarda a gustare aperitivi sulle terrasses
della Riva Sinistra parigina […] sotto l'ala protettrice, la tutela
un po' ironica, dell'esule americana volontaria Gertrude Stein,
l'altro torna nel Sud natio a verificare la lezione dei moderni,
soprattutto quella di James Joyce, sulla realtà della piccola patria
nobile e degradata dalla quale finirà per non distaccarsi più”.
W.Faulkner,
L'urlo
e il furore,
p. 313
La
storia si svolge nella contea di Yoknapatawpha: una regione
immaginaria, ma che può essere situata nel Mississipi, stato in cui
Faulkner è nato, nel 1897, nella contea reale di New Albany.
Il
romanzo si compone di quattro capitoli il titolo di ciascuno dei quali è una data.
Diamo un'occhiata:
Sette
aprile 1928
Due
giugno 1910
Sei
aprile 1928
Otto
aprile 1928
Sembrerebbe
una storia in tre giorni con un lontano flashback. Sì e no. Già nel
primo capitolo, quando a parlare è Benjamin, un membro della
famiglia Compson, il
racconto è fitto di flashback che rimontano ad un passato lontano,
alla fine dell''800 quando, con suo padre Jason, appartenente alla
quarta generazione da quella del capostipite Quentin Compson, giunto
in Mississipi dalla Scozia alla fine del '700, inizia la lunga,
inarrestabile decadenza della famiglia.
Famiglia
formata da personaggi con lo stesso nome: si stenta per esempio a
riconoscere in Quentin una ragazza, ma poi si capisce che le è stato
dato il nome dello zio morto suicida, morbosamente legato alla
sorella Caddy, madre appunto di Quentin e sorella anche di Benjamin e
di Jason.
La
famiglia Compson per Faulkner rappresenta la disintegrazione dell'Old
South, degli Stati Uniti del Sud prima della Guerra Civile, quando le
spinte alla modernità affogano nella palude dei rapporti morbosi,
dell'emotività malata e autodistruttiva di tutti i personaggi, pur
diversissimi tra loro. Sono le loro voci a parlare, a partire da
Benjamin e con l'esclusione di Caddy che non partecipa al racconto,
ma la cui prepotente sessualità e soprattutto la fortissima spinta
alla trasgressione è la pietra d'inciampo su cui rotolano tutti gli altri personaggi, oltre se stessa. È il piano inclinato verso la rovina di tutti e di
ciascuno e per qualcuno si sostanzierà in una meschina attitudine al
ricatto economico e alla prepotenza (Jason), per qualcun'altro in una
esistenza disperata e un'altrettanto disperata fine (Quentin, zio di Quentin-ragazza, figlia di
Caddy, che ha tratti caratteriali presi dalla madre e dallo zio), per
altri in una inarginabile e allucinata ipocondria (la madre
Catherine). L'unica voce narrante che non è parte della famiglia, ma
che è “con” la famiglia da sempre, è la governante di colore
Dilsey, l'unico essere umano che fa da argine alla distruzione, e il
cui nipote, Luster, è l'unico che riesce ad accudire nel modo
migliore perché istintivo e senza sovrastrutture l' “idiota”
Benjamin. È di Dilsey, comprensibilmente, l'ultima voce di questa labirintica, faticosa, terribilmente affascinante epopea del fallimento.
È
cosa risaputa ma è bene ricordarla, il titolo viene da una citazione
del Macbeth:
Life's
but a walking shadow, a poor player
That struts and frets his hour upon the stage
And then is heard no more: it is a tale
Told by an idiot, full of sound and fury,
Signifying nothing.
That struts and frets his hour upon the stage
And then is heard no more: it is a tale
Told by an idiot, full of sound and fury,
Signifying nothing.
Per
un (impossibile) riassunto nonché per alcuni spunti di riflessione
rimandiamo a questo interessante contributo:
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